De historia stirpium commentarii insignes, maximis impensis et vigiliis elaborati, adiectis earvndem vivis plvsqvam quingentis imaginibus, nunquam antea ad naturæ imitationem artificiosius effictis & expressis, Leonharto Fvchsio medico hac nostra ætate

Farmaceutica - Erbari


De historia stirpium commentarii insignes, maximis impensis et vigiliis elaborati, adiectis earvndem vivis plvsqvam quingentis imaginibus, nunquam antea ad naturæ imitationem artificiosius effictis & expressis, Leonharto Fvchsio medico hac nostra ætate Il De Historia stirpium del 1542 si presenta subito con tre ritratti a colori contrapposti al frontespizio: due disegnatori delle piante e l’incisore delle tavole. Non si tratta solo di far colpo sul lettore, insieme al frontespizio anch’esso con una pianta colorata di agrifoglio. E’ piuttosto una specie di sottintesa dichiarazione d’intenti sul corredo iconografico dell’opera, dal quale non è esente nemmeno l’autore che nel retro del frontespizio si presenta in piedi, a 41 anni di età, paludato in un mantello rosso impellicciato, segno distintivo dei dottori, con in mano una piantina a foglie opposte e fiori rossi. Tali figure mancano ovviamente nello stupendo manoscritto originale di vent’anni prima conservato nella Biblioteca Nazionale di Vienna. Il testo è preceduto da una lunga dedica al principe Gioacchino di Brandeburgo, nella quale, posta come verità di fede l’origine divina delle stirpi, l’autore fa una lunga disquisizione storica della botanica, della conoscenza delle specie e della loro rappresentazione. Seguono un glossario, un indice alfabetico dei nomi greci, un altro dei nomi latini, un altro dei nomi di officina, l’indice dei nomi tedeschi e due appendici "in capo". Inizia poi il testo, un vero e proprio erbario che si qualifica in particolare per la qualità dei disegni, la perfetta cromaticità (almeno per quei tempi). Sul lato sinistro della figura è riportata la denominazione latina, per lo più binomia, e su quello destro il nome volgare in tedesco. Le illustrazioni sono a piena pagina e a fronte viene riportata la scheda descrittiva di quella specie, che inizia con i nomina in varie lingue, i genera (non nel senso moderno del termine, piuttosto in quello di specie), la forma, vale a dire i caratteri fitografici, il locus, cioè l’areale, il tempus, indicante il periodo migliore per la raccolta, ed infine il temperamentum, cioè le indicazioni attribuite a quella specie dagli autori classici, per l’esattezza da Dioscoride, Galeno e Plinio, più talora da altri come Marco Emilio, Teofrasto, Simeone Sethi, e altri. Ogni monografia, prolissa da occupare più pagine, si chiude con una Appendix, cioè con l’aggiunta di alcune notizie curiose. In definitiva dunque, la De historia stirpium è soprattutto un erbario figurato. E si fa apprezzare soprattutto per questo carattere vistoso, ma sotto tanti punti di vista anche preciso, salvo alcuni errori fitognostici scusabili. Vi sono esaminate 343 stirpi (il cap. 343 riguardante la digitale e il cap. 342 relativo all’ocimastro sono invertiti, forse per un errore di rilegatura). Le figure dunque rimangono l’elemento migliore dell’opera, malgrado i buoni proponimenti del Fuchsio nella lettera dedicatoria. Ma, considerati i tempi, anche questo è decisamente un gran merito.


Alcune immagini del libro